Cronaca

Banda del bancomat fermata: tre arresti

Banda del bancomat ad Aversa, scattano tre arresti. Indagini su circa 40 episodi di truffa avvenuti in tutta Italia

Tre arresti stroncano la banda del bancomat di Aversa. A seguito di attività investigativa, personale della Squadra Investigativa del Commissariato Appio Nuovo ha dato esecuzione, con l’ausilio della Squadra Mobile di Caserta e del Commissariato di Aversa, a tre misure di custodia cautelare in carcere emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale ordinario di Roma per ipotesi di reato di truffa aggravata in concorso, frode informatica, ricettazione, sostituzione di persona, possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento sottratte dal circuito postale.

Banda del bancomat, tre arresti ad Aversa

La vicenda ha inizio a luglio 2020, quando un’anziana romana si rivolge al Commissariato Appio Nuovo per denunciare una serie di prelievi non autorizzati sul suo conto, con cui erano stati sottratti circa 12mila euro. Il tutto era avvenuto a seguito di una telefonata ricevuta dalla vittima: una donna, presentatasi come dipendente della nota banca, di cui la stessa denunciante era cliente, paventando alcuni problemi con l’invio del nuovo bancomat, era riuscita a convincere la vittima a fornirle il codice pin della sua nuova tessera, che la stessa aveva ricevuto legittimamente pochi giorni prima. Già dai primi accertamenti è emerso che il fatto denunciato al commissariato Appio non era un caso isolato.

Le indagini

Gli investigatori, lavorando su più di 40 episodi simili, avvenuti su tutto il territorio nazionale, hanno capito che il presunto gruppo criminale, con modalità che sono a tutt’oggi oggetto di accertamento, entrava in possesso delle lettere contenenti le nuove tessere bancomat/carte di credito destinate ai clienti del noto bancario. Buona parte di queste lettere sono state rubate nei compartimenti postali di Padova, ma risultano degli ammanchi simili anche da Bologna e Peschiera Borromeo.

Con in mano le tessere, i sodali, iniziavano a chiamare i clienti ben sapendo che, con altre modalità, erano già entrati in possesso del pin, cercando di estorcere la combinazione di 5 numeri. Chi non voleva fornire il pin “a voce” veniva invitato a digitarlo sul proprio telefono cellulare, questo perché sul telefono del truffatore era istallato un D.T.M.F. ‘dual tone multi-frequency’ ovvero un sistema di codifica, usato in telefonia.

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