Cronaca
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Guadagnano 3 milioni di euro con fatture false, 6 arresti nel Casertano

Fatture false, sei arresti in provincia di Caserta: l'operazione Rewind condotta dai finanzieri della Compagnia Pronto Impiego di Aversa

Sei arresti per un giro di fatture false in provincia di Caserta. Nella mattinata di oggi, martedì 17 novembre, finanzieri della Compagnia Pronto Impiego di Aversa hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare, emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Napoli Nord, nei confronti di 8 persone (di cui 2 in carcere, 4 agli arresti domiciliari e 2 destinatari del divieto di dimora nelle province di Napoli e Caserta) per associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale.

Fatture false, sei arresti in provincia di Caserta

Le attività investigative hanno consentito di ricostruire un grave quadro indiziario nei confronti degli indagati che attraverso una struttura associativa con base operativa in Casal di Principe e San Cipriano d’Aversa e con collegamenti in diverse regioni italiane, si erano specializzati nella sistematica emissione di fatture per operazioni inesistenti, relative alla fornitura di materiali da costruzione, noleggio di attrezzature e prestazioni d’opera, utilizzando a tale scopo un gruppo di società “cartiere” intestate a prestanome compiacenti.

In particolare, sono state individuate sei società con sede nelle province Caserta e Benevento le quali, nel periodo dal settembre 2016 al giugno 2020 – secondo l’ipotesi accusatoria avvalorata dal GIP – hanno emesso fatture false per oltre 8 milioni di euro a favore di ben 142 imprese operanti nel settore edile e ubicate prevalentemente in Campania ma anche in altre regioni fra cui l’Emilia-Romagna, l’Umbria, il Lazio, la Toscana e la Lombardia.

Le indagini

Per simulare l’effettività delle operazioni commerciali oggetto delle false fatturazioni, le aziende destinatarie pagavano i relativi corrispettivi tramite bonifici bancari in favore delle predette società “cartiere” le quali, una volta ricevute le somme sui rispettivi conti correnti, procedevano a prelevarle in contanti tramite i loro titolari.

Il denaro prelevato veniva consegnato, successivamente – attraverso alcuni emissari (cosiddetti “capi squadra”) incaricati alla materiale riscossione – nelle mani dei promotori dell’organizzazione i quali, dopo aver trattenuto una percentuale a titolo di compenso per il “servizio” reso (mediamente il 15% dell’imponibile delle fatture emesse), trasferivano la restante parte agli imprenditori che avevano disposto i bonifici iniziali.


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Le condotte delittuose hanno consentito alle società di beneficiarie di notevoli riduzioni d’imposta derivanti dalla contabilizzazione di costi fittizi nonché della relativa Iva a credito assicurandosi, inoltre, grandi disponibilità di denaro contante “non tracciato” per un totale complessivo di circa 3,2 milioni di euro (di cui 2 milioni per le imposte evase e 1,2 derivanti dai compensi percepiti dai promotori).

È stato, quindi, disposto il sequestro preventivo, anche in forma per equivalente, dei beni e delle disponibilità finanziare in capo agli indagati per un valore corrispondente ai predetti profitti.


 

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