Cronaca

Furti di rotaie nei depositi Rfi del Casertano, 5 arresti

Arresti ed indagati per il furto di rotaie in provincia di Caserta. Dall'inchiesta è emerso che la testa del sodalizio era all'interno di Rfi

Furto di rotaie in provincia di Caserta. Avrebbero sottratto almeno 40 tonnellate di materiale ferroviario, del valore di centinaia di migliaia di euro, dai depositi di Rfi. È l’accusa a carico di cinque persone – tra cui tre dipendenti di Rete Ferroviaria Italiana e due di Sirti Spa, importante società che lavora per Rfi – finite agli arresti domiciliari nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Santa Maria Capua Vetere.

La Procura ha scoperto l’esistenza di un’associazione criminale, formata appunto da dipendenti di Rfi infedeli, titolari di imprese di raccolta metalli o che lavorano per Rete Ferroviaria Italiana, “specializzati” in furti di rotaie, bobine di rame, scambi, casse induttive, e tutti quegli oggetti presenti nei depositi ferroviari che potessero essere rivenduti.

Furto di rotaie a Caserta, 5 arresti e 10 indagati

Per altri dieci indagati, quasi tutti piccoli imprenditori, il Gip di Santa Maria Capua Vetere ha emesso la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Le indagini sono state realizzate, tramite intercettazioni telefoniche e ambientali e immagini dei sistemi di videosorveglianza dei depositi, dagli investigatori della Polizia Ferroviaria della Campania, che hanno anche eseguito le misure cautelari.

I poliziotti hanno iniziato a capire che c’era qualcosa di più ampio dietro i tanti furti avvenuti in depositi del Casertano: ben dodici quelli accertati nel corso delle indagini, denunciati a Caserta, Santa Maria Capua Vetere, Aversa, Villa Literno, con danni alla società che gestisce la rete ferroviaria per centinaia di migliaia di euro. Determinante anche la collaborazione della Protezione Aziendale di Rfi.

Le indagini

Dall’inchiesta è emerso che la “testa” del sodalizio era proprio all’interno di Rfi; quattro gli operai coinvolti, addetti alla manutenzione ferroviaria. Erano loro – è emerso – ad entrare con badge e telecomandi nei depositi; poi, con l’aiuto dei mezzi messi a disposizione dagli imprenditori complici, asportavano il materiale che veniva rivenduto grazie ai titolari di imprese di raccolta metalli.

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