Cronaca

La testimonianza delle vittime della guerra in Ucraina: il racconto di Maria

Maria Shafranovych racconta la guerra

Maria Shafranovych, di Ternopil, parla della tragedia che ha colpito la sua famiglia: “Mio cugino, al quale sono legatissima, è stato rapito nella sua città, Skardovs’k, della quale dal 2009 al 2020 è stato sindaco e dove ora è rettore della locale università». Si dispera, piange, è un fiume in piena di parole, emozioni, rabbia. Il suo racconto rilasciato sulle pagine de Il Mattino.

La testimonianza di Maria: un grido di dolore

Ivan Honchars’kyy è stato prelevato da “quattro uomini, russi certamente, dice Maria che sono penetrati nella sua casa, lo hanno incappucciato e portato via davanti ai figli e alla moglie”, racconta Maria, che vive a Caserta da 13 anni dove lavora come collaboratrice domestica. Corre a piedi, ogni giorno, da un capo all’altro della città, per raggiungere le case dove presta la sua opera. E mai un lamento, mai un segno di stanchezza, sempre il sorriso sulle labbra. Efficienza e disponibilità questi i suoi segni distintivi. “Non abbiamo più sue notizie dal giorno del rapimento, mercoledì”, dice Maria con le lacrime agli occhi, mentre il sorriso dalle labbra non le scompare, quasi a volersi scusare della disperazione che l’ha sopraffatta. “Siamo spaventatissimi e preoccupati per la sua salute: cose del genere in Ucraina succedono ogni giorno da quando è scoppiata questa maledetta guerra”. Il suo racconto è un grido di dolore e il modo per cercare di spezzare la sensazione di impotenza che l’ha presa. “Voglio che tutti sappiano ciò che sta succedendo nel mio povero Paese. Forse non servirà parlare, ma voglio farlo comunque. Denunciare, far sapere al mondo ciò che stiamo passando forse è l’unica cosa che resta da fare a noi che viviamo lontani”. Una lontananza che pesa. “Contavo di tornare in Ucraina dopo alcuni anni di lavoro in Italia. Vivo bene a Caserta, ma la voglia di rientrare non mi era mai passata. Ora, però, quel sogno sembra sfumato per sempre”.

Il sogno di ritornare in Ucraina

L’attaccamento alla sua terra, però, non scema. “Anche da qui cerchiamo di aiutare la resistenza. Mandiamo alimenti, medicine, abiti e anche denaro, nella speranza di contribuire a scacciare l’invasore”. Un’opposizione che, per Maria, non è recente. “Nella mia famiglia siamo stati contro i russi da quando uccisero mio nonno nel secondo dopoguerra. Poi, dal 2014, le cose sono peggiorate: i russi non vogliono che il mio popolo prenda la propria strada ma imporci la loro. Noi, però, ci sentiamo più occidentali nei valori, negli ideali e nei comportamenti”. Maria abita a Caserta con suo marito e il loro bambino di 2 anni. Da qualche giorno l’ha raggiunta suo figlio di 17 anni, mentre il maggiore di 23 non può lasciare l’Ucraina per disposizioni del governo.

La paura per il figlio in Ucraina

Sono in ansia anche se ci sentiamo tutti i giorni e lui mi rassicura perché a Ternopil la guerra non è arrivata”, dice. Da qualche settimana sono a Caserta anche la figlia e la nuora di suo marito con i loro bambini. “La cosa che mi ha colpito è la paura che mostrano i più piccoli. L’altra sera, da qualche parte nei dintorni di Caserta, si facevano i fuochi d’artificio. I bambini, quando hanno sentito gli spari, si sono coperti le orecchie chiedendo alle mamme se anche qui fosse scoppiata la guerra”. L’unica consolazione è solidarietà non solo virtuale di chi la conosce. “Le famiglie presso le quali lavoro mi hanno aiutato concretamente offrendo denaro per la nostra causa. Addirittura una signora dove ero fino a sei anni fa, mi ha telefonato per manifestarmi la sua vicinanza e mi ha anche regalato 50 euro da spedire al mio Paese. Gesti commoventi che, almeno in parte, mi hanno confortato. Forse qui abbiamo trovato una nuova casa, ma sempre con l’Ucraina nel cuore”.

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