Cronaca

Prostituzione e riti voodoo, le trans restano in carcere

Gestivano il monopolio della prostituzione transgender in provincia di Caserta: sono state arrestate, dalla Polizia di Stato, 11 persone. Secondo quanto emerso, le vittime venivano anche picchiate e minacciate con la magia nera.

Caserta, prostituzione transgender: 11 arresti

Lo scorso 11 luglio la Polizia di Stato di Caserta ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Napoli nei confronti di 11 persone transgender, tutte di nazionalità brasiliana, gravemente indiziate di far parte di un’associazione per delinquere, attiva a Castel Volturno. Dovranno rispondere di riduzione in schiavitù, tratta di esseri umani e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di connazionali.

Le indagini

Le indagini hanno permesso di identificare la complessa associazione criminale in grado di monopolizzare la gestione del mercato della prostituzione transgender nel Casertano. Il gruppo aveva un proprio referente in Brasile, incaricato di adescare e reclutare le vittime. In un primo momento, venivano ospitate in immobili a disposizione dell’associazione criminale e costrette a prostituirsi. Trascorso il tempo necessario, venivano inviate in Italia.

Le vittime raggiunto lo scalo aereo di Milano Linate, veniva prelevate da altri componenti e fornite di una dichiarazione fittizia di ospitalità garantendo l’ingresso e la permanenza legale per motivi di turismo sul territorio nazionale. Le malcapitate venivano poi condotte a Napoli dove ancora un altro membro le prelevava e portava fino all’immobile individuato a Castel Volturno. Qui venivano segregate in appartamento, con divieto di comunicare con altre persone se non gli sfruttatori. Per questo veniva ritirato loro il cellulare e imposto un severo regime di condotta. Venivano fatte prostituirsi in strada con rigidi turni orari sotto il controllo di alcuni sodali dell’associazione.

Venivano inoltre picchiate e minacciate di ritorsioni nei confronti dei familiari in Brasile delle parti offese. Sotto questo profilo, i membri dell’organizzazione criminale erano soliti avvalersi anche della potente presa evocativa sulle vittime rappresentata da presunti “sortilegi” e riti di “magia nera” messi in atto in danno dei transgender che tentavano di ribellarsi.

I dettagli dell’operazione

Gravi i reati contestati agli indagati, dall’associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, alla tratta di esseri umani e al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina di connazionali. I provvedimenti di carcerazione sono stati emessi dal gip del tribunale di Napoli. Una vicenda che ricorda quella della tratta delle nigeriane, adescate in patria e portate in Italia, in particolare a Castel Volturno, dove, sotto il controllo di organizzazioni criminali nigeriane, diventano schiave e sono costrette a prostituirsi, tenute sotto scacco anche con riti voodoo. Per le vittime brasiliane accadeva più o meno la stessa cosa, hanno accertato gli investigatori della Polizia di Stato di Caserta, che nel giardino di casa di una delle vittime hanno rinvenuto la testa di una statuetta raffigurante una divinità circondata da frutti che rappresenterebbe un rito di magia nera brasiliana, noto come cerimoniale ‘Egun’, finalizzato a provocare la morte del destinatario del rito e posto in essere dai membri dell’organizzazione a scopo punitivo.

Il gruppo criminale – è emerso – aveva la propria base a San Paolo del Brasile, dove un referente era incaricato di adescare e reclutare persone transgender, che venivano ospitate in alcuni immobili e indotte a prostituirsi nella metropoli brasiliana. Trascorso poi il tempo necessario per procurarsi la documentazione utile all’espatrio e il biglietto aereo, i cui costi erano in questa fase sostenuti dall’organizzazione criminale, le vittime della tratta venivano inviate in Italia, solo però dopo aver ottenuto il placet del capo dell’organizzazione. Atterrate a Milano Linate, venivano prelevate da altri membri dell’organizzazione che fornivano loro una dichiarazione fittizia di ospitalità permettendone così l’ingresso e la permanenza legale per motivi di turismo sul territorio nazionale. Poi il trasferimento a Napoli e di qui in auto fino a Castel Volturno, con la segregazione in un appartamento, con divieto di comunicare con persone diverse dagli sfruttatori.

Alle vittime veniva ritirato il telefono cellulare e imposto un severo regime di condotta, e poi erano costrette a prostituirsi in strada secondo rigidi turni orari sotto il controllo di alcuni membri del gruppo. I proventi dell’attività di prostituzione venivano versati al capo dell’organizzazione quale saldo del debito contratto per entrare in Italia, che era sempre superiore alla cifra di 10.000 euro, tenuto conto che l’ammontare pattuito era poi soggetto a continui aumenti sulla base di motivi pretestuosi.

Confermato il carcere

Cade l’accusa di tratta degli essere umani, ma restano in carcere le principali trans accusate di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e sfruttamento della prostituzione.

Questa, infatti, la decisione del Tribunale del Riesame di Napoli che ha confermato gli arresti in carcere per Pamela Andress, (Josè Ricardo Santos Da Silva), e Maiche Harley Andriolli, (detta Suzuki), arrestate insieme ad altre otto connazionali brasiliane e un italiano lo scorso 11 luglio.

La posizione di Pamela Andress

Nell’inchiesta spicca il nome di Pamela Andress, estetista a domicilio il cui nome è balzato agli onori della cronaca per aver causato la morte di una 35enne di Maranello, a seguito di un’iniezione di silicone liquido per un ritocco al seno.

Secondo la DDA, la Andress era promotrice e organizzatrice dell’attività illegale. Settimanalmente avrebbe riscosso le quote per ospitare nelle sue abitazioni sul litorale le trans provenienti dal Brasile che facevano prostituire, e che potevano liberarsi solo dopo aver pagato 12 mila euro.

Paolo Siotto

Giornalista pubblicista dal 2015, collabora per l'Occhio da giugno 2019 dopo diverse esperienze con testate locali. È responsabile della redazione centrale del network giornalistico L'Occhio.

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