Cronaca

Camorra, le famiglie più potenti di Caserta: la relazione della Dia del semestre gennaio-giugno 2020

Camorra a Caserta, le famiglie più potenti del 2020: la relazione della Dia del semestre gennaio-giugno 2020

Quali sono le famiglie di camorra più potenti a CasertaLo spiega la Direzione Investigativa Antimafia con la relazione semestrale sull’attività della criminalità organizzata in Italia relativa al periodo che va da gennaio a giugno del 2020. In Campania, la criminalità organizzata di tipo mafioso si conferma un fenomeno in continua trasformazione, anche in ragione di un tessuto sociale molto complesso.

La lettura degli eventi che nel semestre hanno riguardato la Campania restituisce il quadro di un fenomeno mafioso caratterizzato da equilibri in continua trasformazione in ragione di un tessuto criminale più che mai complesso. Permangono le diverse connotazioni che delineano la realtà camorristica delle varie province, con una specificità per quanto riguarda Napoli città e le immediate periferie a Nord e a Est, ove i clan adottano differenti strategie alla luce di modelli organizzativi eterogenei, che generano dinamiche fortemente magmatiche.

La coesistenza nella stessa zona di gruppi criminali diversi, per storia, struttura e scelte operative, dà spesso vita a imprevedibili quanto fragili alleanze per il controllo delle aree di influenza. Ne conseguono equilibri precari che vedono le leadership di alcuni clan in conflitto quasi perenne per l’acquisizione della totale egemonia sul territorio. La descrizione delle dinamiche criminali nel periodo non può non tenere conto dell’emergenza
sanitaria, tuttora in corso, connessa con la diffusione del Covid.


Camorra, le famiglie più potenti in Campania: la relazione della Dia del semestre gennaio-giugno 2020


Camorra a Caserta, le famiglie più potenti ai tempi del Covid

A Caserta, permane il forte radicamento e l’operatività delle principali consorterie federate nel cartello dei Casalesi al cui vertice si collocano le famiglie Schiavone, Zagaria e Bidognetti che cercano di preservare il controllo del territorio facendo ricorso a sempre nuove modalità di azione per la gestione delle tipiche attività illecite (estorsioni, usura, traffico di stupefacenti, gioco e scommesse illegali).

È indubbio come, nel corso degli ultimi tre decenni e nonostante la sferzante azione di contrasto, la compagine camorristica casalese abbia potuto gestire un notevole potere economico grazie alla capacità di condizionamento della realtà politica locale che ha consentito di drenare ingenti risorse dall’economia legale riuscendo ad infiltrare appalti, commesse e ottenendo incarichi pubblici funzionali agli affari criminali.

Si tratta di un circolo vizioso che consente di accrescere il potere delinquenziale e che agisce secondo schemi perfettamente collaudati. Tra di essi, immancabile nelle inchieste più complesse degli ultimi anni, quello che vede centrale il ruolo di imprese colluse disposte a offrire impiego fidelizzando così un folto numero di sodali, i quali costituiranno, a loro volta, quel bacino di voti utile per far eleggere amministratori piegati agli interessi dei sodalizi mafiosi. Questi ultimi restituiranno il favore ricevuto attraverso il conferimento di nuovi appalti in un circuito illegale che si perpetua in danno dell’imprenditoria virtuosa.

Diverse indagini hanno fatto emergere come, in determinate realtà, l’esponente politico sia, in realtà, in una posizione di subordinazione solo apparente nei confronti della organizzazione criminale in quanto il rapporto instaurato con la consorteria camorristica spesso si fonda su reciproci interessi e su un perfetto piano paritetico. Infatti, la peculiare cointeressenza che, da decenni, lega la camorra alle compagini istituzionali ha consentito a queste organizzazioni criminali di inserirsi nelle gare per la concessione di pubblici appalti godendo di una posizione privilegiata rispetto alle aziende “sane” sia per le considerevoli risorse di cui la stessa dispone, sia per gli appoggi politico-amministrativi sui quali può contare per superare eventuali problemi connessi
alla gestione dell’appalto.

Passando alle dinamiche operative che riguardano il cartello dei Casalesi, nel tempo colpito da numerose inchieste giudiziarie e da collaborazioni eccellenti con la giustizia, si evidenzia tuttora una rete di relazioni con altre organizzazioni criminali, anche al di fuori del contesto provinciale e regionale, che hanno contribuito a rafforzarne il potere malavitoso.

Appare chiaro come la disgregazione delle strutture interne e l’assenza fisica dal territorio dei boss storici (molti dei quali detenuti da lunghi anni in regime differenziato) non abbia affatto
dato luogo a forme di instabilità e conflittualità tipiche, invece, della camorra partenopea. Tale situazione ha, diversamente, orientato la consorteria verso nuovi assetti organizzativi più stabili e fondati su un consolidamento delle relazioni con quell’area grigia della Pubblica Amministrazione, imprenditoria e professionisti sopra ricordata.

L’attività del clan Zagaria

Anche gli Zagaria mantengono uno spiccato interesse verso la filiera dell’agroalimentare soprattutto nei settori della produzione del latte e dell’allevamento. Ne è conferma l’indagine conclusa il 15 gennaio 2020 dalla Polizia di Stato che ha fatto emergere, ancora una volta, il controllo da parte del clan della vendita del latte in regime monopolistico. L’inchiesta costituisce un’ulteriore tranche dell’operazione “Olimpo”, conclusa nel 2019 con l’arresto di affiliati a quattro organizzazioni camorristiche che operavano nell’area stabiese, con il coinvolgimento, tra gli altri, di un imprenditore di Castellammare di Stabia, contiguo alle consorterie camorristiche locali, impegnato nel settore della commercializzazione e distribuzione del latte nonché in attività immobiliari. Le acquisizioni investigative hanno confermato, con inequivocabile chiarezza, la sua contiguità al gruppo Zagaria segnatamente nel favorire il reinserimento del clan nel circuito della distribuzione del latte, mediante un marchio casertano sottoposto per lungo tempo ad amministrazione giudiziaria, così consentendo ai nipoti del boss Zagaria di proseguire l’attività lavorativa sotto la formale guida di un custode giudiziario compiacente.


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Rimanendo nell’ambito dell’operatività della famiglia Zagaria nell’agroalimentare, il 13 maggio 2020 la Guardia di finanza ha eseguito il sequestro preventivo di un’azienda con sede a Grazzanise del valore stimato di circa 2 milioni di euro, operante nel settore dell’allevamento di bufale e della produzione del latte e ritenuta nella diretta disponibilità di due fratelli del capoclan e da loro utilizzata per favorirne gli interessi economici.

Dalle indagini è emerso che l’azienda sarebbe stata impiegata quale “schermo” per permettere alla famiglia
Zagaria di tornare in possesso, in maniera occulta, di un’altra azienda bufalina di proprietà della madre del capoclan da tempo affidata alla gestione di un amministratore giudiziario. Secondo gli investigatori alla realizzazione del disegno illecito avrebbero partecipato anche due imprenditori del settore che hanno messo a disposizione le loro aziende per consentire al clan di proseguire nella gestione di un’attività economica particolarmente remunerativa e diffusa nel territorio casertano.

La predilezione degli Zagaria per l’infiltrazione dell’economia legale trova supporto in un sistema di connivenze con imprenditori e taluni ambienti politico-amministrativi accertato da numerose indagini. Al riguardo, il 10 febbraio 2020 e nell’ambito di un’attività coordinata dalla Dda di Napoli, la DIA ha eseguito la confisca159 di n. 2 immobili, una quota societaria e diversi rapporti finanziari, per un valore complessivo di oltre 6 milioni di euro, a carico di un imprenditore organico alla famiglia Zagaria avente un ruolo preminente nel delicato e strategico settore della gestione degli appalti dell’Azienda Ospedaliera “S. Anna e S. Sebastiano” di Caserta.

La situazione in provincia

Negli ultimi anni nel Comune di Maddaloni il sensibile aumento dei reati estorsivi e di quelli relativi alla detenzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti ha trovato il suo epilogo in un provvedimento cautelare, eseguito il 4 maggio 2020 dalla Polizia di Stato, nei confronti di 9 persone riconducibili alla famiglia D’Albenzio, referente sul territorio del clan Belforte, ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso, estorsione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e altro. Le indagini hanno consentito di far luce sulle più
recenti dinamiche macro-criminali dell’area maddalonese individuando e definendo il ruolo di vertice di un esponente del nucleo familiare dei D’ALBENZIO il quale era riuscito, nonostante fosse in detenzione domiciliare, ad aggregare intorno a sé un gruppo di giovani pregiudicati – nuove leve del clan BELFORTE – con i quali gestiva le estorsioni e lo spaccio di sostanze stupefacenti cercando di imporre il monopolio nel settore dell’installazione di apparecchi automatici per la distribuzione di bevande.

A Santa Maria Capua Vetere sono presenti il gruppo DEL GAUDIO-Bellagiò (per lo più deditoalla vendita di stupefacenti) e l’antagonista FAVA, significativamente indebolito dalla scelta di collaborare con la giustizia intrapresa da affiliati di spicco. Nell’area dei Comuni di Pignataro Maggiore, Vitulazio e Sparanise permane l’incidenza del clan Ligato che, grazie all’intraprendenza criminale delle nuove generazioni, si è recentemente contraddistinto per una rinnovata operatività nel settore delle estorsioni.

Legato ai Lubrano da vincoli familiari, il sodalizio ha sempre mantenuto una posizione controversa col clan dei Casalesi, tanto che, in alcuni casi, ci sono state anche situazioni conflittuali, soprattutto con la famiglia Schiavone. Proprio riguardo a queste dinamiche, il 19 maggio 2020 i Carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di un esponente apicale del clan Schiavone in quanto mandante dell’omicidio di un elemento di vertice della famiglia Lubrano, avvenuto il 14 novembre 2002 nell’ambito dello scontro tra il clan Lubrano-Ligato e quello dei Casalesi per il controllo delle attività illecite nel comune di Pignataro Maggiore.

Nel contesto di Sparanise, Calvi Risorta e Teano è attiva, attraverso propri referenti, la famiglia Papa, storicamente federata con i Casalesi. Il 20 giugno 2020 la Polizia di Stato ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere174 a carico di n. 7 persone ritenute responsabili di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Tra gli indagati figura un elemento carismatico della criminalità dell’alto casertano, già ex cutoliano, ritenuto referente a Teano del clan Papa. A Mondragone permane la presenza criminale del cartello GaliardiFragnoliPagliuca(eredi del clan LA TORRE), vicino alla famiglia BIDOGNETTI e attivo nel traffico di sostanze stupefacenti e nelle estorsioni, nonostante le ultime operazioni di polizia ne abbiano ulteriormente indebolito gli assetti.

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