Cronaca

Camorra a Caserta: ecco le famiglie più potenti, la relazione della Dia

Quali sono i clan più potenti a Caserta? Quali sono le famiglie camorristiche attive? Camorra a Caserta, la relazione della Direzione Investigativa Antimafia inerente al primo semestre del 2019 (gennaio-giugno), traccia un quadro ben preciso su quelli che sono i clan dominanti nella provincia. Quali sono i clan dominanti?

Camorra a Caserta: ecco tutte le famiglie che dominano la provincia

Il poter del clan dei Casalesi: la camorra a Casal di Principe

In provincia di Caserta si conferma la pervasiva presenza e la permanente vitalità dei clan SCHIAVONE, ZAGARIA, BIDOGNETTI, federati nel cartello dei CASALESI, con rilevanti insediamenti in Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Lazio.

Il loro potere si manifesta non solo in ambiti più strettamente criminali ma soprattutto in contesti di natura affaristica, dove sono in grado di esercitare una forte influenza in virtù di meccanismi collaudati negli anni, malgrado quasi tutti i fondatori e gli affiliati storici siano stati arrestati, condannati e si trovino, tuttora, in stato di detenzione. Senza contare, poi, le collaborazioni di elementi di spicco del cartello.

Al riguardo, si richiama la decisione di collaborare con l’AG del figlio del capo del clan BIDOGNETTI, risalente ai primi mesi del 2019, che segue l’analoga scelta adottata da uno dei figli del capo del gruppo SCHIAVONE, nell’anno precedente.

Tuttavia, come per il capoluogo, in territori caratterizzati da un’elevata densità criminale, i collaboratori che avevano rivestito ruoli apicali nelle rispettive organizzazioni di appartenenza sono sostituti alla guida del clan dai loro luogotenenti: uno di questi, già braccio destro del capo del gruppo IOVINE, collaboratore di giustizia, dopo la scelta del suo ex capo clan era divenuto referente del cartello dei CASALESI nel comune di Sessa Aurunca ed è tra i destinatari di un provvedimento cautelare del mese di maggio, per i reati di ricettazione e detenzione di armi clandestine, aggravate dall’art.416bis/1577 c.p.

Continuano ad essere portate a termine, in tutta la provincia operazioni finalizzate alla disarticolazione di associazioni dedite a traffici di stupefacenti. Nel mese di gennaio, i Carabinieri hanno eseguito un provvedimento cautelare che ha riguardato due distinte associazioni, dedite alla vendita di cocaina, hashish, marijuana e crack, i cui componenti sono legati da vincoli di parentela.

La prima delle due organizzazioni era stanziata ad Alife, la seconda a Piedimonte Matese, nella frazione di Sepicciano e, sebbene operanti in maniera disgiunta, nella quasi totalità dei casi si approvvigionavano dello stupefacente dalla medesima fonte, riuscendo a coprire le richieste degli assuntori in maniera ininterrotta, sia in orario diurno sia notturno, impiegando anche minori.

Tra i reati fine delle organizzazioni casertane un peso importante hanno le estorsioni, consumate non solo attraverso richieste di denaro ma anche di prestazioni d’opera gratuite, o di assunzione di affiliati presso le imprese taglieggiate: lo stato di soggezione delle vittime è tale da indurle a essere, spesso, reticenti anche davanti all’evidenza delle prove acquisite dagli investigatori.

Nel mese di gennaio è stato emesso un provvedimento restrittivo a carico di un pregiudicato, responsabile di estorsione ai danni di un commerciante di Lusciano, zona di influenza del gruppo BIDOGNETTI. Il destinatario della misura era già stato oggetto di un provvedimento di fermo di indiziato di delitto del 2010, per un’analoga vicenda, in concorso con altri soggetti, legati al clan BIDOGNETTI.

Sono note le saldature tra clan camorristi e organizzazioni criminali italiane di altra matrice regionale, che trovano conferma nella recente operazione denominata “Equilibri”, eseguita il 4 giugno 2019 dai Carabinieri nei confronti di numerosi affiliati al clan siciliano FRAGALÀ, costituito da un gruppo familiare stanziato a Torvajanica (RM).

Dall’indagine sono emersi rapporti con il cartello dei CASALESI, con i quali si era realizzata una “saldatura” a tutela dei rispettivi interessi associativi, con l’elaborazione di strategie comuni e la condivisione di risorse economiche, riuscendo in tal modo ad impostare rapporti, su un livello paritario, con le altre qualificate organizzazioni presenti nel distretto romano, in particolare con i clan SENESE e FASCIANI e altre entità associative di matrice ‘ndranghetista e siciliana.

Parte importante dell’ossatura del sistema casertano sono le figure di imprenditori-camorristi che, come conclamato in numerosi procedimenti giudiziari, sono riusciti ad inserirsi in appalti per la realizzazione di opere pubbliche, con la spinta di organizzazioni camorristiche e la complicità di amministratori pubblici, ma anche a monopolizzare la gestione di interi comparti produttivi.

Nel mese di marzo, i Carabinieri hanno eseguito un provvedimento cautelare in carcere nei confronti di un imprenditore, titolare di una società attiva nel settore della vendita e della distribuzione del pane sul territorio casertano e in parte di quello laziale, e di un affiliato di spicco del clan ZAGARIA. I due soggetti, per conto del citato gruppo nonché del clan SCHIAVONE, stabilivano le strategie per investimenti nel settore immobiliare e commerciale.

Il primo imprenditore, in particolare, pur non essendo intraneo all’organizzazione, effettuava in suo favore operazioni di investimento nel settore dell’intrattenimento, ne curava gli interessi nelle aste immobiliari e le attività strumentali ad acquisire il controllo degli appalti pubblici nel comune di Grazzanise. Si prestava, inoltre, a fornire occasioni di lavoro in favore del figlio di un affiliato e a elargire somme di denaro in favore della fazione SCHIAVONE, ricevendone quale corrispettivo la possibilità di utilizzare la forza di intimidazione del clan per agevolare le proprie attività.

Un modus operandi che si è registrato non solo in Campania ma anche in altre regioni, come emerso da passate indagini che hanno riguardato la ricostruzione post sisma de L’Aquila (operazione “Untouchable” del 2010, “Dirty Job” del 2014).

L’infiltrazione dell’economia e il connubio con esponenti politici è poi emerso nella recente operazione “At Last”, che ha evidenziato come i CASALESI abbiano esportato in Veneto lo stesso sistema utilizzato in Campania. Il gruppo mafioso si era insediato nel Veneto orientale ponendo in essere una progressiva penetrazione del territorio. Le multiformi strategie criminali erano finalizzate, tra l’altro, ad acquisire, anche con minacce e violenza, la gestione ed il controllo di attività economiche, soprattutto nell’edilizia (nei comuni di San Donà di Piave, Bibione, Caorle) e nella ristorazione.

Nel campo dell’edilizia, il sistema criminale si fondava sull’accaparramento, quasi sempre attraverso l’ostentazione dell’appartenenza al clan, di lavori in subappalto ottenuti da grosse società edili, eseguiti attraverso società fittizie che impiegavano lavoratori ingaggiati in nero e per lo più provenienti dalla Campania.

Tra gli indagati figurano anche un amministratore pubblico di Eraclea (VE), che si sarebbe avvalso dell’appoggio della consorteria per procurarsi voti nella competizione elettorale del 2016; un appartenente alle Forze dell’ordine che, in cambio di denaro, avrebbe fornito ai componenti dell’associazione notizie riservate sull’esistenza di indagini a loro carico e si sarebbe attivato per favorire l’apertura di un punto scommesse SNAI da parte di uno degli indagati; il direttore di un istituto di credito di Jesolo che, al pari di un suo predecessore, anch’egli indagato, consentiva ai membri del clan di operare su conti societari senza averne titolo, concordando con loro l’interposizione di prestanome, omettendo sistematicamente di effettuare le segnalazioni di operazioni sospette.

CASALESI di mantenere un forte radicamento in una parte della provincia casertana. La patologia di tali rapporti si manifesta nella concessione di autorizzazioni, licenze, varianti urbanistiche (prive delle prescritte verifiche e controllo), nelle assunzioni, negli incarichi di progettazione, nell’affidamento di lavori e, in prevalenza, nella concessione di appalti in favore di società, a diverso titolo legate ai clan.

La camorra a Casapesenna

Tra i sodalizi che fanno parte del cartello, il gruppo ZAGARIA di Casapesenna è quello che meglio rappresenta il cd. clan “impresa”, in grado di occupare, quasi in regime di monopolio, interi settori economici. Diversi sono i provvedimenti cautelari in cui sono riportate vicende che hanno contribuito a delinearne tale connotazione.

Nel mese di gennaio, ad esempio, è stata emessa un’ordinanza a carico, tra gli altri, di due soggetti, un imprenditore e un amministratore comunale di Capua, legati al suddetto sodalizio. Il primo, intraneo al gruppo di Casapesenna sin dagli anni ’90, è indicato nel provvedimento quale capo zona del clan a Capua. Nella sua veste imprenditoriale avrebbe effettuato, per conto degli ZAGARIA, lavori edili sul territorio dei comuni di Santa Maria Capua Vetere, San Prisco e Capua.

Tra le attività illecite contestategli anche quella di collettore delle tangenti e di trait d’union tra la famiglia ZAGARIA ed esponenti delle istituzioni locali, per concordare l’assegnazione di appalti, orientare le candidature e le elezioni nel comune di Capua. Il mafioso imprenditore impartiva direttive per la formazione delle liste, concorrendo nel costringere alcuni candidati a non presentarsi per non compromettere la sicura elezione di persone vicine al clan.

In questo contesto si inserisce la figura dell’altro destinatario del provvedimento cautelare, già amministratore locale a Capua. Nel successivo mese di aprile, un altro provvedimento restrittivo ha evidenziato gli interessi del clan ZAGARIA nel settore delle pasticcerie, attraverso società costituite allo scopo di amministrare alcuni esercizi commerciali dislocati sul territorio.

L’operazione ha tratto spunto da un’indagine avviata dalla DIA di Bologna nel 2016, sull’operatività, in territorio emiliano, di soggetti di origine casertana, legati al citato sodalizio. Gli investimenti riferibili al clan venivano effettuati nel settore dolciario e dei giochi dai due imprenditori indagati.

Dall’indagine è, inoltre, emerso che gli stessi si sarebbero prestati ad organizzare incontri tra affiliati, a consegnare i “pizzini” del capo clan e ad assumere alle proprie dipendenze affiliati o parenti in cambio di finanziamenti alle loro attività commerciali.

Oltre all’esecuzione dei provvedimenti cautelari in carcere, l’inchiesta ha condotto al sequestro delle quote di una società con sede legale a Castel Volturno (CE), nella quale, dal 2009, aveva investito il clan, cui facevano riferimento alcune pasticcerie ubicate nelle province di Napoli e Caserta, anche queste cadute in sequestro.

Sempre con riferimento al gruppo ZAGARIA, a maggio 2019, è stato arrestato, dopo essere stato scarcerato a novembre 2018, il figlio di una sorella del capo clan, designato dal boss quale suo erede; nel successivo mese di giugno è stata scarcerata un’altra sorella del capo clan, posta agli arresti domiciliari in provincia di Frosinone.

Per quanto attiene al contrasto patrimoniale, il 12 marzo 2019, personale della DIA di Napoli, coadiuvato dai militari dell’Arma dei carabinieri, ha sequestrato beni per un valore di circa 3 milioni di euro, nella disponibilità di alcuni componenti della famiglia ZAGARIA: si tratta di due ville, situate a Casapesenna, e di un immobile commerciale di vendita al dettaglio di capi di abbigliamento, ubicato a San Marcellino (CE).

La camorra a Parete, Lusciano, Casal di Principe, Villa Literno

Il clan BIDOGNETTI, che opera nei comuni di Parete, Lusciano, Casal di Principe, Villa Literno, sul litorale domitio e in altre aree della provincia casertana, ha registrato al suo interno la collaborazione con l’AG di numerosi affiliati che, con le loro dichiarazioni, hanno consentito alle Forze di Polizia e alla Magistratura di intaccarne pesantemente gli organici.

Tuttavia, la sopravvivenza del gruppo è stata assicurata dall’esistenza di accordi con le famiglie napoletane MALLARDO e LICCIARDI che, con il loro appoggio, hanno fatto in modo che il clan BIDOGNETTI, benché privato dei sui uomini più pericolosi, potesse continuare a sopravvivere nel territorio di influenza.

In forza di tali accordi si sono affermati sul territorio, con l’assenso della famiglia BIDOGNETTI, nuovi personaggi che ne hanno proseguito la gestione delle attività criminali. Tra questi, figurano un gruppo di giovani pregiudicati che, nel 2016 – in virtù di pregressi accordi con il fratello, all’epoca libero, del capo della famiglia BIDOGNETTI – hanno dato origine al sodalizio noto come “Nuova gerarchia del clan dei CASALESI”.

La denominazione ha origine dall’appellativo con il quale si presentavano alle vittime delle estorsioni, i cui introiti confluivano, per una parte, nelle casse del clan BIDOGNETTI. L’evoluzione del citato clan e la genesi della “Nuova gerarchia del clan dei CASALESI” sono richiamate in un’ordinanza del mese di febbraio. Al vertice figura il fratello di un affiliato ai BIDOGNETTI, detenuto, con numerosi precedenti per estorsione.

Della persistente operatività del clan BIDOGNETTI sono indicativi i provvedimenti cautelari che hanno riguardato vicende estorsive: uno di questi, emesso nel mese di giugno, ha condotto anche al sequestro di beni aziendali e quote di tre società di vigilanza, una con sede legale a Roma, le altre due in provincia di Napoli, a Villaricca e Giugliano in Campania.

In precedenza, il 23 gennaio 2019, militari dell’Arma dei carabinieri avevano dato esecuzione ad un decreto di confisca di beni mobili, immobili, esercizi commerciali e rapporti finanziari del valore di circa 300 mila euro, nella disponibilità di un imprenditore di Frignano, operante nel settore dell’abbigliamento, organico ai BIDOGNETTI.

La camorra a Sessa Aurunca, Cellole, Carinola, Falciano del Massico e Roccamonfina

Nella provincia sono operativi anche altri sodalizi che fanno riferimento ai CASALESI. Nei Comuni di Sessa Aurunca, Cellole, Carinola, Falciano del Massico e Roccamonfina è attivo il clan ESPOSITO, detto dei “Muzzoni”.

La camorra a Santa Maria Capua Vetere

Sul territorio di Santa Maria Capua Vetere sono attivi due gruppi criminali, DEL GAUDIO, alias Bellagiò e l’antagonista FAVA, entrambi gravitanti nell’orbita dei CASALESI.

La camorra a Santa Maria La Fossa, Capua, Vitulazio, Bellona, Triflisco, Grazzanise, Sparanise e Pignataro Maggiore,

Nell’area capuana, che comprende i comuni di S. Maria La Fossa, Capua, Vitulazio, Bellona, Triflisco, Grazzanise, Sparanise e Pignataro Maggiore, permane l’influenza dei gruppi MEZZERO, PAPA, LIGATO.

Cesa

A Cesa operano i gruppi MAZZARA e CATERINO-FERRIERO, anche questi proiezione dei CASALESI, in passato fronteggiatisi in una sanguinosa faida che ha provocato la morte di diversi affiliati anche di spicco.

Il primo sodalizio, quello di MAZZARA, già oggetto di un’indagine conclusasi nel mese di settembre 2018, è stato colpito da una nuova misura cautelare che ha riguardato, tra l’altro, due omicidi consumati tra il 2006 e il 2007, di esponenti di vertice del gruppo CATERINO-FERRIERO, dei quali sarebbero responsabili due elementi di spicco proprio del clan MAZZARA, già detenuti per altra causa.

Litorale Domitio

Mondragone

Sul litorale domitio, con epicentro Mondragone, sono operativi il clan FRAGNOLI-GAGLIARDI-PAGLIUCA ed esponenti del gruppo LA TORRE, che ha sempre agito in posizione autonoma rispetto ai CASALESI.

La camorra a Marcianise

Nell’area marcianisana, storicamente al di fuori del cartello casalese, è egemone il clan BELFORTE, detto dei Mazzacane, una delle “realtà criminali” più potenti del casertano strutturata secondo il modello casalese.

Il sodalizio estende la sua influenza a Caserta e nei comuni confinanti di San Nicola la Strada, San Marco Evangelista, Casagiove, Recale, Macerata Campania, San Prisco, Maddaloni, San Felice a Cancello e Santa Maria Capua Vetere, avvalendosi di sottogruppi, ciascuno con una sua competenza territoriale.

Il sodalizio si è per lungo tempo contrapposto a un altro gruppo locale, il clan PICCOLO-LETIZIA-Quaqquaroni, con il quale sarebbe addivenuto ad un accordo finalizzato alla gestione dei traffici di stupefacenti.

 

La camorra a Belforte

Nell’orbita dei BELFORTE operano altri piccoli gruppi a struttura familiare: i MENDITTI, presenti a Recale e San Prisco; la famiglia BIFONE che opera a Macerata Campania, Portico di Caserta, Casapulla, Curti, Casagiove e San Prisco; i gruppi MARCIANO ed ESPOSITO, di Maddaloni.

L’influenza del sodalizio BELFORTE si è manifestata, anche nel controllo e nel condizionamento dell’attività amministrativa nel capoluogo. Infatti, nel gennaio 2019 un’indagine dei Carabinieri ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare, per scambio elettorale politico mafioso, estorsione ed altro, emessa nei confronti di soggetti contigui al clan BELFORTE, tra i quali i reggenti, pro-tempore, di un gruppo criminale, emanazione dei BELFORTE nel comune di Caserta.

Ad alcuni degli indagati sono state contestate una serie di condotte illecite tenute in occasione delle consultazioni elettorali regionali del 2015. Tra queste, l’avere imposto a determinati candidati di utilizzare per il servizio di affissione dei manifesti elettorali, una società riconducibile alla moglie di un elemento di spicco del clan. Altri episodi riguardano affiliati al clan ma anche alcuni candidati alle citate elezioni anch’essi tra i destinatari del provvedimento, che si sarebbero adoperati per condizionare il voto, promettendo alle persone contattate denaro e altre utilità.

Nel comprensorio di San Felice a Cancello, Santa Maria a Vico ed Arienzo è operativo un gruppo che costituisce una derivazione della famiglia MASSARO. Una recente indagine ha messo in luce la riemersione del clan LIGATO attraverso le nuove generazioni che hanno saputo ricostituire – nonostante la detenzione dei capi storici – una stabile struttura organizzativa, con suddivisione dei ruoli, allo scopo di monopolizzare il mercato delle sostanze stupefacenti a Pignataro Maggiore, Calvi Risorta, Sparanise, Vitulazio e comuni limitrofi.

L’indagine dei Carabinieri si è conclusa il 5 marzo 2019, con l’emissione di provvedimenti cautelari a carico, tra gli altri, di due figli del capo del clan LIGATO: all’organizzazione sono stati ritenuti riconducibili gravissimi episodi di violenza (minacce, incendi di autovetture, esplosioni di arma da fuoco) avvenuti tra il 2016 e il 2018, nei comuni di Sparanise, Capua, Pignataro Maggiore, Vitulazio.

Il 12 febbraio 2019, i Carabinieri hanno arrestato un amministratore pubblico di Sparanise, ritenuto responsabile di aver fatto pressioni sul presidente di un’associazione risultata vincitrice di una gara per lo svolgimento di attività culturali e di intrattenimento per le festività natalizie 2017-2018, per coinvolgere nelle attività ditte da lui segnalate. In seguito al rifiuto oppostogli dal presidente dell’associazione, l’amministratore pubblico aveva revocato l’affidamento, assegnando direttamente gli incarichi.

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